Nel 1817 don Michelangelo Vitagliano, nella relazione al Cardinale di Napoli, Ruffo Scilla per la visita canonica del 14 aprile, definisce Gaetano Errico, “sacerdote zelante”.
Il suo giudizio è fondato sulla profonda conoscenza del giovane sacerdote, al quale, anche per la stima che ha di lui, nel 1816, nominato anche parroco della parrocchia dei santi Cosma e Damiano, chiede di aiutarlo nell’insegnamento ai ragazzi della scuola comunale, non potendo da solo attendere bene ai due impegni.
La scuola non è l’ideale di don Gaetano, ma accetta “per obbedienza al suo confessore”, al quale subentrerà, come titolare, nel settembre 1819, quando don Vitagliano darà le dimissioni.
Inizia la lezione con la preghiera: “Prevenite, Signore, le nostre azioni, accompagnandole con la vostra grazia, perché tutto abbia principio e termine da voi, che siete la fonte d’ogni bene”, quindi recita cinque Padre nostro, Ave Maria e Gloria al Padre alle piaghe di Gesù Cristo.
Termina la scuola con la Salve Regina e la benedizione agli alunni.
Nel mandarli a casa raccomanda di non fermarsi per strada.
Inculca negli scolari i valori della fede cristiana, la devozione alla Vergine Maria, l’esercizio delle virtù ed il rispetto dei genitori.
Nella sua azione educativa cerca l’apporto indispensabile delle tre istituzioni fondamentali per la formazione dei fanciulli: famiglia, scuola e chiesa.
Vigila sulla condotta dei suoi discepoli anche fuori dell’aula scolastica, per questo, spesso per la strada si sente dire: “Viene il maestro”.
Insegna a leggere ed a scrivere ed ai più bravi dà anche lezioni di latino e di scienze, ma la materia preferita è la dottrina cristiana, secondo il catechismo diocesano del Cardinale Spinelli.
Ogni 15 giorni conduce i fanciulli in chiesa per la confessione e non manca di dare loro l’appuntamento per la messa domenicale.
Secondo il bisogno e con prudenza usa anche la punizione ed il premio. Nelle sue mani sono la verga per correggere ed i fichi secchi per premiare.
Il sabato, per educarli al senso della comunità, li conduce in chiesa per le pulizie, dando egli per  primo l’esempio.
Prova della sua appassionata dedizione al compito d’educatore è il fatto che i genitori fanno a gara perché i figli diventino suoi alunni.
Ogni mese passa alla mamma i dieci ducati che riceve come compenso ed i dodici per il fitto della stanza, messa a disposizione dalla famiglia per la scuola, quando egli diventa titolare.
Il ministero scolastico di don Gaetano dura 20 anni, anche se, come rappresentante dell’Arcivescovo agli esami, l’ultima nomina è del 20 agosto 1860.
Alcuni suoi alunni, diventati sacerdoti, si distinguono per zelo apostolico.
Don Gaetano è instancabile.
Convinto, infatti, che il futuro d’ogni società è scritto nella formazione delle giovani generazioni, egli dedica loro molta attenzione.
Ogni domenica riunisce i ragazzi nella cappella di S. Luigi della chiesa parrocchiale, dove li istruisce nei doveri civili e religiosi, li esorta alla virtù cristiana, li ammaestra nella dottrina cristiana e recita con loro il santo rosario.
Il lunedì fa la stessa cosa con le ragazze, mentre il mercoledì lo dedica alle donne maritate e vedove, ponendole sotto il patrocinio delle sante Monica e Teresa.
La domenica pomeriggio, dopo il catechismo ai bambini, gira per il paese ed invita gli uomini, che incontra, a seguirlo in chiesa, per il catechismo dialogato, fatto con il parroco ed un altro sacerdote.
La predicazione è il carisma di don Gaetano.
Il parroco l’ha capito e l’incarica di predicare in tutte le circostanze. Ha una parola semplice, convincente e coinvolgente. Non usa belle parole e modi ricercati, ma annuncia “Cristo e questo Crocifisso”.(cfr.1Cor.1,23) La passione che pone nell’annuncio della Parola di Dio tocca fino alle lacrime il cuore delle persone, che accorrono numerose.
Ed i frutti si notano nel paese.
Molti peccatori si convertono e la condotta morale della popolazione migliora.
Nel 1834, dopo la prima missione tenuta nella sua chiesa, appena costruita, molte persone facinorose depositano nelle sue mani tante armi vietate da riempire due sporte ed alcune giovani si tagliano i capelli, per dedicarsi a vita devota.
L’ultima domenica del mese fa “la protesta della buona morte”, al termine della quale si flagella aspramente con catene di ferro. Tutti piangono ed implorano misericordia per i loro peccati; molti uomini lo imitano.
Aiuta il parroco braccio a braccio, condividendone tutto il peso pastorale.
Confessa in tutte le ore del giorno. Lo stesso Arcivescovo nella visita canonica gli impone di ascoltare le confessioni degli uomini.
Abilitato, prima dell’età stabilita, anche per le donne, aumenta il suo stare nel confessionale.
Accorre presso tutti i malati ed i moribondi, di giorno e di notte, di mattina e di sera.
In famiglia riunisce i suoi familiari per la recita del santo rosario, racconta la vita dei santi, li esercita nell’esame di coscienza ed invita ad evitare le cattive compagnie. Due sorelle, Rosalia ed Anna – Antonietta, intraprendono la vita devota in casa.
La forza per tanto lavoro Don Gaetano l’attinge dal contatto continuo con  Dio nella preghiera.
Cresce nel suo fervore con il passare del tempo.
Celebra la messa da fare innamorare chi vi assiste; in più, al rito fa seguire sempre un lungo ringraziamento.
Recita il breviario in ginocchio.
È sempre occupato nelle cose di Dio e considera perso il tempo non speso per Lui.
Ogni anno, durante la festa patronale dei santi Cosma e Damiano, si ritira a Pagani, presso i Padri Redentoristi per gli esercizi spirituali.
Non partecipa mai alle celebrazioni per motivo di lucro, dal quale è completamente distaccato.
Le poche offerte, infatti, che riceve, le consegna alla famiglia e trattiene per sé solo ciò che dà ai poveri.
Un giorno alcuni giovani congregati per conoscere la vita passata del Fondatore si rivolgono a don Michelangelo, che risponde. “Che devo dirvi! Un altro sacerdote come don Gaetano non ci verrà più”.