Il tema della 26° GMG, tenutasi a Madrid dal 16 al 21 agosto 2011, ha avuto come tema: “Radicati e fondati in Cristo, saldi nella fede”. S. Ecc. Mons. Gualtiero, arcivescovo di Perugia – Città della Pieve, a Madrid ha chiesto ai giovani: cosa significa essere saldi? “Il vocabolario italiano, egli ha detto, traduce saldezza con la caratteristica di essere saldo, stabile e i suoi sinonimi in costanza, determinazione, fortezza d’animo. Ora, nel nostro tempo più che di saldezza, peggio, di stabilità, sembra naturale parlare di precarietà: tutto è instabile, tutto è transitorio, tutto è liquido. La precarietà sembra essere divenuta il necessario corollario di un’idea di libertà che s’affanna a fare a meno di Dio”. Nelle parole del vescovo ho letto la vita del giovane servo di Dio Raffaele Mennella dei Missionari dei Sacri Cuori, del quale il 15 settembre ricorre 113° della morte. Nei sinonimi, poi, di saldo, costanza, determinazione, fortezza d’anima, puntualizzati i suoi tratti caratteristici. Non lo dico io, ma i testimoni. “Egli era attentissimo nell’adempimento di tutti i suoi doveri e nell’osservanza di tutti i regolamenti. La sua vita, pur non presentando dei fatti straordinari, era straordinaria nelle cose ordinarie”; “Ha adempiuto i suoi doveri con tanta diligenza ed esattezza da divenire l’ammirazione di tutti”. Quello che mi chiedo, invece, io è da dove nascono le caratteristiche della costanza e della perseveranza? Che ovviamente non appartengono solo al mondo religioso, ma anche a quello pedagogico. Come possiamo parlare di educazione, senza dei punti fermi, obiettivi chiari e impegni costanti. Senza, è come costruire una casa sulla sabbia. Basta un niente per spazzarla via. E qui ritorna un altro tema caldo, sul quale la Chiesa nell’ultimo tempo richiama l’attenzione di tutti, ben sapendo che da essa dipende il futuro delle nuove generazioni: l’educazione. La costanza e l’impegno dipendono dall’avere convinzioni fondate e radicate. Costanza e impegno che devono essere caratteristiche sia dell’educando sia dell’educatore. E qui riscontriamo la contraddizione: l’educazione richiede stabilità, ma il mondo parla di precarietà, siccome sta perdendo tutti i punti fermi. Questa è la preoccupazione, come ha detto anche il vescovo nella sua catechesi ai giovani: “Ora, nel nostro tempo più che di saldezza, peggio, di stabilità, sembra naturale parlare di precarietà: tutto è instabile, tutto è transitorio, tutto è liquido”. Raffaele Mennella è un fautore della legalità. Per lui il libro della “Regola” non è un manuale da studiare, ma il compagno di viaggio, la mappa che gli indica in ogni momento e circostanza la direzione giusta. Per lui la legge non è un’imposizione, ma un mezzo, un esercizio per raggiungere un obiettivo. Egli la “Regola” prima la vive e poi, se è il caso, la discute. Il suo maestro di noviziato testimonia che: “Osservò le regole con un’esattezza che più non si può desiderare anche da un uomo maturo”. E un altro testimone: “Fu sua caratteristica la scrupolosa ed esatta osservanza della regola”. Qualcuno ebbe a dire che se si fosse smarrito il libro delle “Regole” bastava guardare Raffaele Mennella per riscriverlo. Credo che manchiamo di stima verso i nostri fanciulli e giovani, quando non li reputiamo capaci di mirare in alto e gli proponiamo mete mediocri. Nell’educazione non dobbiamo sostituirci né facilitare l’esercizio all’educando, ma sostenerlo e incoraggiarlo. È più facile fare i compiti a un ragazzo che stare lì a spiegare, a provare e riprovare. Oggi ci lamentiamo della mancanza di educazione nei giovani, ma non è anche vero che noi adulti siamo stanchi di fare la difficile e sacrificata arte dell’educatore? E poi i punti fermi. Quali? Se, forse, prima noi li abbiamo smarriti? Interrogativi e solo interrogativi!!!!. Che l’esempio di Raffaele Mennella ci aiuti a riflettere un poco e spassionatamente. Non fa male né all’educando né all’educatore. E le regole, poi, sono una mappa non un peso. Chi ne segue le indicazioni è sicuro di arrivare alla meta.

 

  1. Luigi Toscano