La devozione al S. Cuore di Gesù è quella del nuovo millennio, perché educa e forma ad una spiritualità di comunione.
Essa nasce e si diffonde nei secoli XVIII e XIX, come messaggio d’amore, di misericordia e di perdono da parte di Dio.
Il Cuore di Cristo invita l’uomo a stargli vicino, a non allontanarsi, a non dimenticarsi di lui e con S. Margherita Maria lamenta: “Ecco quel cuore che ha tanto amato gli uomini ed in corrispondenza riceve solo ingratitudini ed abbandoni”.
Con la ferita del suo Cuore egli dice all’uomo di non aver paura, di non fuggire, ma d’avvicinarsi, perché vuole stabilire un rapporto di amore, di amicizia e di comunione.
S. Alfonso chiama la devozione al S. Cuore di Gesù la devozione delle devozioni e Gaetano Errico (1791-1860), fondatore dei Missionari dei Sacri Cuori di Gesù e di Maria, il quale sarà beatificato il 14 aprile 2002, formatosi alla sua scuola, se ne fa promotore instancabile e convinto, per contrastare la dottrina giansenistica, che tenta a raffreddarla e a combatterla, per allontanare i fedeli da Dio, mostrato inavvicinabile.
Gaetano Errico, diventato sacerdote, nota il timore dei cristiani nei riguardi di Dio, presentato severo e giudice, e la loro lontananza dai sacramenti ed intuisce che la devozione al S. Cuore di Gesù ha la forza di dare fiducia, riavvicinare il cristiano a Dio, rinnovare l’uomo, l’ambiente, la famiglia, le relazioni umane, per cui s’impegna a diffonderla tra la gente.
Contro il giansenismo predica l’amore al posto del timore, la misericordia invece del castigo, il perdono e non la condanna eterna: “Questa ferita del Cuore di Cristo ci rimise la colpa e la pena. Ora Gesù richiede una risposta d’amore”.
Inculca che la devozione al S. Cuore di Gesù è utile per correggere i costumi sbagliati della gente, le deviazioni dalla giusta pratica religiosa e riportare l’uomo sulla via della verità.
La vera devozione, però, scaturisce dalla contemplazione del Cuore di Cristo e comporta l’amore al Padre ed ai fratelli.
Invita, perciò, a guardare la ferita del Cuore di Cristo, come la fonte, dalla quale scorga l’acqua della salvezza, ed a berne, perché essa dà la vita, disseta ed alimenta l’operare del cristiano. Tuttavia, bisogna essere preparati per mettere “con le dovute disposizioni e calorosi affetti, la bocca a quella fonte del costato di Cristo”, e per riceverne la salvezza: “Correte alla fonte del Cuore di Cristo, perché là troverete acqua e salute”.
Deplora la cattiva abitudine di quei cristiani che usano i sacramenti, che sono un dono del Cuore di Cristo, per fini puramente umani: “In verità gli uomini e le donne corrono a ricevere il Sangue di Gesù Cristo nel sacramento della riconciliazione, senza i dovuti preparativi, corrono a ricevere il sacramento della Cresima solo per farsi un compare, altri pure con la coscienza macchiata da gravi peccati mortali, senza neppure un atto di vera contrizione, corrono a ricevere il sacramento del matrimonio, pieni di sensualità e dell’eucarestia, pieni di svogliatezza”.
Anche al suo tempo la cronaca d’ogni giorno riporta episodi di persone, vittime di una ricerca sbagliata, perciò ammonisce: “Perché correte presso le cisterne dissipate dei vizi, delle iniquità e dei piaceri mondani, invece di trovare l’acqua ristoratrice, che è costretta a cadere per terra, siccome nessuno la beve? Assetati, venite alle acque, che si attingono non nella mestizia e nel pianto, ma nella gioia che si ricava dalle fontane del nostro Salvatore, da quelle piaghe riceverete per la vostra salvezza e specialmente dalla perenne fonte del suo Santissimo Cuore”.
La devozione al S. Cuore di Gesù risponde alle attese dell’uomo, ma questi deve decidersi per un cambiamento radicale della propria vita, perché essa non è solo questione di pratiche di pietà, ma di scelte di vita. Non basta parlare, bisogna prendere la direzione di Cristo, per la quale Gaetano Errico suggerisce di
v mettere il Cuore di Gesù a sigillo del proprio cuore, cosicché sentimenti, pensieri, desideri siano diretti a Lui;
v fare di Cristo il Signore del cuore, perché tutto sia suo,
v chiudere il proprio cuore nel Cuore di Cristo, perché nessuno lo possa rubare e contaminare
v porre il marchio del S. Cuore di Gesù su tutte le azioni,
v farsi servi per amore del Cuore di Cristo, che per primo si è fatto servo per amore dell’uomo.
I veri devoti, secondo Gaetano Errico, devono aspirare a sostituire il loro cuore con quello di Gesù, ed a guardare “quella ferita, fatta nel fianco di Cristo, come una manifestazione dell’altra, che l’amore aveva fatta nel suo Cuore” per bruciare del Suo amore ed accenderlo nel cuore degli altri: “Avendo sofferto per amore, il Cuore di Gesù desidera che questo fuoco bruci nel cuore degli altri”.
Se ieri la devozione al Sacro Cuore di Gesù è stata la risposta al giansenismo, che invece di un Padre, che è Amore, presentava un Dio, che è timore, oggi essa parla di comunione ed aiuta il cristiano a viverla con Dio Padre e con i fratelli, senza lasciarne fuori qualcuno: “Dio è amore; chi sta nell’amore dimora in Dio e Dio dimora in lui. Nell’amore non c’è timore, al contrario l’amore perfetto scaccia il timore, perché il timore suppone un castigo e chi teme non è perfetto nell’amore. Noi amiamo, perché egli ci ha amato per primo. Se uno dicesse “Io amo Dio” e odiasse il suo fratello è un mentitore. Chi, infatti, non ama il proprio fratello che vede, non può amare Dio che non vede. Questo è il comandamento che abbiamo ricevuto da lui: chi ama Dio, ami anche suo fratello” (1Gv. 4,16, 18-21)
Il Cuore squarciato di Cristo, che si dona al Padre ed all’uomo, senza riserve fino alla morte, deve diventare la scuola frequentata ogni giorno dal cristiano anche del nuovo millennio, per imparare come cercare l’altro, non perché gli serve e può dargli qualcosa, ma per donargli qualcosa, e come vivere con lui nella pace e nella fraternità.
Abbattere le barriere delle divisioni, diventare un cuore solo ed un’anima sola, vivere in fraterna comunione, tendere alla santità, porre le condizioni per una pace stabile e rispettosa dei diritti dei più deboli, sono i frutti che la devozione al Sacro Cuore di Gesù può portare nel nuovo millennio.
Gaetano Errico, che vive nell’Ottocento, si distacca dai tanti promotori della devozione al S. Cuore di Gesù per la particolarità di unire i due Cuori: la Madre Maria ed il Figlio, i Sacri Cuori. Il Cuore di Maria è il capolavoro operato dalla Grazia, che lo rende somigliante al Suo e che Gaetano Errico presenta, come Colei che dà speranza ed infonde fiducia a chi è ancora timoroso di avvicinarsi a Cristo: “Se questo Cuore si rifiuta, non vi accetta, perché vi vede troppo ingrati al suo Cuore, portatevi ai piedi della sua Madre SS. Maria e pregatela che v’introduca, insieme a Lei, nel profondo del Cuore di Gesù Cristo”.
Gaetano Errico, nato a Secondigliano – Napoli -, predica in tutto il Meridione d’Italia le missioni popolari, annuncia il vangelo della misericordia, come vissuto dai Sacri Cuori, presenta il Cuore di Cristo, come l’unica fonte della salvezza, e quello di Maria, come il canale, attraverso il quale scorre l’acqua, che irriga il cuore dell’uomo e lo rende “mite ed umile”, come quello del Figlio suo. Quando egli fonda l’Istituto religioso, sceglie come stemma i Sacri Cuori di Gesù e di Maria, adombrati dallo Spirito Santo, che con la sua potenza fa germogliare spighe di grano ed uva, fiori e frutta, segni della vita nuova, promessa da Cristo a tutti coloro che volgeranno lo sguardo a Colui che hanno trafitto: “Io sono venuto perché abbiano la vita e l’abbiano in abbondanza”.(Gv. 10,10)