di Antonio Palmiero

Gaetano Errico è un uomo di grande intelligenza, ma non è un intellettuale, non è un ricercatore, non è un teorico.
È un uomo pratico. Un gran lavoratore. Un operaio evangelico. Un evangelizzatore, discepolo di Cristo. E l’evangelizzatore, proprio perché discepolo di Cristo, è un contemplativo. Il discepolo sa chi è il Maestro e a lui fa riferimento.
Vuole essere un discepolo non di nome, ma di fatto. Si mette alla scuola del Maestro e impara contemplandolo.
Contemplando il Maestro, Gaetano si accorge che la grande, unica passione della vita di Gesù è stata la realizzazione del progetto del Padre: il Regno di Dio.
Il Regno di Dio è la vita di Dio che irrompe e dilaga dentro le nostre vite. Una vita che è di corpi sani, perché guariti dalla potenza di Gesù di Nazareth; una vita di relazioni fraterne, perché vengono tolte le divisioni e le emarginazioni; una vita di intimità filiale con Dio, perché il peccato è perdonato. Un giorno, mentre Gesù svolge la sua attività, vengono due uomini mandati da Giovanni Battista e gli domandano se sia lui quello che deve inaugurare il Regno. Gesù non dà una risposta diretta. Li invita a guardare. “Andate e riferite a Giovanni ciò che avete visto e udito: i ciechi riacquistano la vista, gli zoppi camminano, i lebbrosi vengono sanati, i sordi odono, i morti risuscitano, ai poveri è annunciata la buona novella” (Lc 7, 22).
I discepoli di Giovanni ricevono una risposta molto concreta: Gesù fa vedere loro il Regno. Il termine Regno esprime, quindi, quello che Dio ha in mente per l’umanità, quello che vuole realizzare con la sua potenza nella storia; è la piena espressione dell’amore di un padre e di una madre per l’uomo, suo figlio; è la piena irruzione della vita e della bontà con il superamento della morte e del male; è un nuovo ordine introdotto nel mondo dall’azione amorosa di Dio con un intervento gratuito e definitivo.

Il Regno come elaborazione di un progetto

Per comprendere qualcosa di più del progetto del Regno, possiamo stabilire un raffronto tra la sua elaborazione e l’elaborazione di tanti progetti, piccoli e grandi, che realizziamo nella vita di ogni giorno. Quando vogliamo realizzare un progetto, cominciamo a pensare, immaginare, creare… fino ad avere nella mente e nel cuore qualcosa di chiaro che si accorda con quanto ci siamo proposti.
Abbiamo concepito un progetto.
Si deve poi passare alla fase della formulazione. Bisogna delineare il progetto, abbozzarlo con parole e immagini chiare e precise. Bisogna esprimere il progetto.
Infine, bisogna attuarlo, perché non resti nei pensieri e nelle parole scritte di un documento. Analogamente, il Regno è stato concepito, formulato, realizzato. Il Padre, nel suo amore infinito, concepisce un progetto di vita in favore di tutta l’umanità: il Regno. Tale progetto deve essere espresso, formulato, delineato. Fin dal principio (prologo del Vangelo di Giovanni) il progetto del Regno trova nel Figlio l’immagine perfetta, l’espressione più fedele. Il Figlio, come immagine perfetta del progetto, lo realizza con la forza amorosa e attiva dello Spirito Santo. Il Figlio e lo Spirito Santo realizzano il Regno e analizzando questa realizzazione vi scopriamo due grandi tappe.
La prima tappa nella realizzazione del progetto del Regno è la creazione dell’umanità e la formazione di un popolo che, come testa di ponte, sia base sicura di appoggio per accogliere il dono del Regno.
L’umanità è stata creata e il popolo di Dio è stato formato a immagine del Figlio. I tratti del Figlio si ritrovano in tutta l’umanità. Non sempre l’umanità sa di averli, non sempre è capace di vivere il volto del Figlio, del Verbo, che in essa prende forma, ma che è li, in germe, a volte nascosto ma visibile. Bisogna soltanto essere disposti a vederlo.
La seconda tappa nella realizzazione del Regno è la sua inaugurazione definitiva avvenuta con l’Incarnazione, vita morte e risurrezione di Cristo. Questa seconda tappa trova la massima e definitiva realizzazione nella risurrezione di Gesù. La risurrezione significa la piena realizzazione del Regno di Dio nella vita di Gesù Cristo.

Il Regno, vocazione e punto d’arrivo per tutta l’umanità

Dio ha realizzato il progetto del Regno nel suo inviato, Gesù. Egli è il vero inizio del Regno e il punto d’arrivo di tutta l’umanità. In lui è avvenuto quello che deve essere una realtà per tutti noi. Il Regno della vita nuova, che comporta riconciliazione, fraternità, liberazione, comunione, si trasforma in vocazione di ogni uomo in quanto uomo.
È una realtà in Cristo risorto e diventa una realtà in ogni epoca e in ogni uomo e popolo della terra, con la guida ispiratrice dello Spirito Santo.
Con la loro azione di liberazione, comunione, giustizia e fraternità, tutti gli uomini e popoli del mondo rendono possibile la realizzazione del Regno.
Il regno è la vocazione di tutta l’umanità e il definitivo punto d’arrivo.

Il Dio del Regno nella vita di Gaetano Errico. Dalla contemplazione alla missione.

“Come il Padre ha mandato me così anch’io mando voi… Ricevete lo Spirito Santo” (Gv 20,21-22). E Gaetano legge: “Come il Padre ha mandato me così io mando te…”
L’orizzonte, la sorgente, la fonte della missione è nella vita stessa di Dio, Padre, Figlio e Spirito Santo.
La missione nasce nel Padre che manda Gesù a costruire tra noi il suo Regno, viene da Gesù che manda la sua Chiesa a far crescere il Regno, si muove nella forza dello Spirito Santo di Gesù e del Padre che sostiene questa costruzione e questa crescita.
Senza restare radicati nella vita del Padre che vuole il Regno, di Gesù che lo annuncia e lo inaugura, dello Spirito di Gesù e del Padre che lo porta a compimento non c’è missione.

Gaetano capisce che c’è bisogno di fare l’esperienza del Dio del Regno, senza la quale… il suo progetto può diventare un pragmatismo pastorale, tutto efficientista ed esteriore e, alla fine, ateo; corre il rischio, non tanto ipotetico, di confondere i mezzi con il fine, cadendo nell’abbaglio di convincersi che la salvezza la danno la sua organizzazione, la sua bravura, le sue tavole rotonde, il suo dinamismo, la sua squadra di calcio, la sua sala giochi, il suo teatro, le sue celebrazioni ricche di liturgismo, ma povere di liturgia. A salvare l’uomo – questo il messaggio di Gaetano – non sono i mezzi che si usano. Egli, d’altra parte, ha usato i mezzi che usavano tutti gli altri. Non ne ha inventato, né brevettato nessuno. La differenza la faceva lui, la sua vita, la sua santità di vita. Non i mezzi.
E che Gaetano abbia fatto l’esperienza del Dio del Regno è la sua vita a dircelo. Da che cosa lo ricaviamo?

1 Il contatto continuo, familiare che egli ha con il Vangelo, con la Bibbia. Se manca questo contatto non matura la fede, resta fragile l’esperienza di fede e inefficace l’impegno apostolico. Non basta, naturalmente, una Parola solo letta, solo studiata.
La Bibbia offre un’immagine che da sola vale vari trattati sulla spiritualità dell’evangelizzazione: quella del libro, o del rotolo, mangiato. Al profeta Ezechiele Dio mostra un rotolo e gli dice: “Figlio dell’uomo, mangia ciò che hai davanti…; nutri il ventre e riempi le viscere con questo rotolo che ti porgo” (Ez 3,1-3).
È necessario, anzitutto, mangiare, fare proprio, il messaggio che si è chiamati a portare agli altri, viverne le esigenze, assimilarlo, o meglio, lasciarsi assimilare da esso.

C’è una enorme differenza tra il libro letto, studiato, imparato, e il libro mangiato. Il libro mangiato “riempie di amarezze le viscere”. Perché la Parola, come spada a doppio taglio, pota, giudica nell’annunciatore tutto ciò che il lui contraddice il messaggio. Ma sulla bocca quel libro è “dolce come il miele” (Ez 3,3). Dolce per gli altri, per chi lo sente proclamare, perché porta la vita.

Questo il senso e lo scopo di una spiritualità dell’evangelizzazione: mangiare il libro, riempirsene le viscere dell’anima, fare esperienza di ciò che si è chiamati a dire agli altri.
Dopo ciò, Dio può dire ciò che disse quel giorno ad Ezechiele: “Figlio dell’uomo, va e parla ora alla casa d’Israele, riferisci loro le mie parole”.

Quando si legge nei Processi che Gaetano ha familiarità con la Bibbia, la sua parola migliora la gente, opera conversioni, la gente fa ressa per ascoltarlo, i vescovi e i parroci premono perché egli predichi nelle loro diocesi e parrocchie,… vuol dire che Gaetano ha “mangiato” quel libro e che la Parola sulla sua bocca è “dolce come il miele”.
Se la gente, i parroci, i vescovi desiderano e sollecitano la sua presenza non vuol dire che egli parli meglio o che conosca meglio degli altri la Bibbia, vuol dire invece che tutti in lui vedono incarnato quanto dice con la bocca. È maestro e testimone.
Da notare: il testimone è sempre anche maestro. Viceversa, non sempre il maestro è o può essere testimone. La gente accetta sempre i testimoni. Diffida invece dai maestri.
2 La parola del Regno, assimilata, conduce Gaetano ad accogliere e a lasciarsi trasformare da quei “segni e strumenti del Regno” che sono i Sacramenti.

L’esperienza del Dio del Regno ha come momenti necessari i misteriosi incontri con lui nei segni sacramentali, soprattutto la Riconciliazione e l’Eucaristia. Di questi due Sacramenti si nutre e nutre il popolo. Li valorizza al massimo. Egli sa che i Sacramenti sono stati dati per trasformare la vita di ogni giorno e per incontrare, qui dentro, il Signore.
Attraverso i Sacramenti egli fa cogliere la risposta di Dio ai bisogni, ai problemi, agli interrogativi dell’uomo del suo tempo.
Un solo esempio. Il suo tempo è segnato ancora dal Giansenismo: egli attraverso i due Sacramenti si fa apostolo della misericordia di Dio. Ma… i Sacramenti hanno un’attualità perenne…

3 Con la forza della Parola e dei segni del Cristo Risorto, Gaetano sta davanti a Dio e dice: “Padre… venga il tuo Regno”.

La preghiera – questo il terzo elemento – ha attraversato i suoi giorni e ha riempito le sue notti.
Quanto ha pregato Gaetano!
Ha consumato materialmente il pavimento.
Quante notti si è addormentato, vinto dalla stanchezza, sui gradini dell’altare.
La prodigiosa e fruttuosa attività di Gaetano rivela che egli è un uomo di preghiera e che la sua preghiera non è alienante e individualista.
La contemplazione del Padre lo spinge alla corresponsabilità con la causa del Padre, che è la vita degli uomini, e lo compenetra nei suoi sentimenti, per cui il Cuore di Gesù, insieme a quello di Maria, diventa la rivelazione del Cuore del Padre.