Gaetano Errico nasce alla fine del secolo XVIII (19 ottobre 1791) a Secondigliano, periferia nord di Napoli, e vive nel pieno della storia della rivoluzione francese, il cui vento di novità sociali, politiche ed economiche mette poco ad arrivare in Italia, provocando sconvolgimenti e rivendicazioni, specie tra la classe umile e contadina. Il Papato, come ogni altro stato, non è risparmiato per il suo potere temporale.
Quando la rivoluzione si trasferisce nel Regno di Napoli, Gaetano Errico è uno studente esterno del seminario di Napoli, dove certamente non mancano le dispute sui fatti che accadono. Egli, più degli altri seminaristi, che vivono nel seminario, stando in famiglia, nella parrocchia e tra la gente, avverte gli umori, le reazioni ed i pericoli per la gente.
I cambiamenti della rivoluzione toccano anche la vita morale e religiosa del popolo e Gaetano Errico, che non manca di cervello ed intuito, è preoccupato per gli effetti negativi sulla fede e sulla morale. Diventato, perciò, sacerdote nel 1815, si dedica all’istruzione ed alla formazione cristiana, con la predicazione ed il ministero della riconciliazione.
I carbonari, infastiditi da questo prete che parla tanto, lo minacciano di morte per farlo zittire, ma egli, per niente intimorito, risponde: “Voi potete spargere menzogne ed io dovrei tacere? Volete uccidermi, uccidetemi pure, ma non starò zitto”.
Trasferitosi nella Chiesa dell’Addolorata, da lui fatta costruire in Secondigliano per volere divino, per prima cosa chiede al Card. Ruffo Scilla, arcivescovo di Napoli, “la facoltà di potervi confessare, predicare, istruire e fare catechismo ai poveri artigiani, ai campagnoli, ai lavoratori ed abbandonati”.
Lo zelo per l’annuncio della Parola non gli dà tregua, per cui non perde occasione per parlare di Dio, con la competenza, che gli viene dallo studio continuo, e con l’amore che nutre per Lui e la salvezza della gente. La missione, che il Signore affida, gli è chiara. Infatti, alla proposta di accettare una casa religiosa con l’obbligo della scuola, risponde: “Con l’obbligo di confessare e di istruire la legge di Dio, sì, ma con l’obbligo della scuola no, no, no” ed alla gente spiega il suo carisma con un’immagine efficace e popolare: “Se voi premete le pietre di questa chiesa, vi esce il sangue della Parola di Dio”.
Chiede ad alcuni sacerdoti di unirsi a lui per l’opera della predicazione delle Missioni al popolo e al Card. Caracciolo, arcivescovo di Napoli, il permesso di istituire un “Ritiro per sacerdoti”, “per andare a missionare per la Diocesi e per il Regno e ovunque Dio li chiamerà, specialmente dove né parroci né sindaci pensano ad una missione per salvare le anime al Signore”.
Quando il “Ritiro per sacerdoti” si trasforma nell’Istituto religioso dei Missionari dei Sacri Cuori, assegna come “scopo primario d’istituire missionari, spedire missioni per l’emendazione del mondo corrotto” e “promuovere il bene delle anime con l’esercizio delle missioni, anche degli infedeli, per emendare il mondo corrotto, con l’istruzione dei fanciulli nei primi rudimenti della fede, l’insegnamento agli adulti per mezzo del catechismo e le altre opere di pietà e carità”.
Il P. Russo Giuseppe, biografo e studioso di Gaetano Errico, in merito alla missione dell’Istituto, sintetizza, così, il pensiero del Fondatore: “I congregati dovranno dedicarsi alle opere dell’apostolico ministero: predicazioni d’ogni genere, missioni al popolo, visite agli ammalati ed anche ai carcerati, per istruirli nella fede, ascolto delle confessioni, non solo nelle chiese della congregazione, ma dove ci sarà più bisogno. Ma l’opera principale della Congregazione dovrà essere quella delle missioni al popolo.” (Il Carisma di Gaetano Errico ed. 1984)
Gaetano Errico, con i suoi compagni, gira intere Regioni: la Campania, il Lazio, la Basilicata, la Calabria, il Molise, la Puglia, accettando l’invito dei Vescovi e parroci, ma, se conosce “paesi più abbandonati e poveri del pane della divina parola”, non aspetta l’invito e prende l’iniziativa di andare.
“Sono venuto a portare il fuoco sulla terra”, (Lc.12,49) dice Gesù, che va di villaggio in villaggio, perché ovunque arrivi la Parola della salvezza. Gaetano Errico, al quale quel fuoco brucia dentro, non si dà pace, pensando a quelli che vivono nel continuo pericolo delle nuove dottrine ed ai lontani, che la fede non l’hanno. La sorella testimonia che il fratello nutre fin da giovane seminarista il desiderio di partire missionario tra i non credenti: “Spesso soleva dimostrare il desiderio di andare a predicare tra gli infedeli, avendo, come egli diceva, gran pena per coloro ai quali mancava questo gran dono e per cui desiderava spargere il suo sangue”. Quando è approvato il nuovo Istituto, il 7 agosto 1846, dal Beato Pio IX con lo scopo di “istruire i fanciulli nei rudimenti della fede e di istituire sacre Missioni, anche tra gli infedeli, per la salvezza eterna delle anime”, egli ne chiede l’aggregazione alla Congregazione di “Propaganda Fide”. L’invito del Card. Franzoni, prefetto di Propaganda Fide, di aprire una missione nel regno dell’Angola e del Congo, lo entusiasma, ma circostanze politiche gli impediscono di realizzare il suo desiderio, che gli rimane fino alla morte. Infatti, conforta i suoi congregati, preoccupati della loro sorte per i nuovi fermenti politici in Italia, dicendo: “Non dubitate, ce ne andremo in un altro luogo, specialmente nella Cina e nella Turchia, a predicare agli infedeli. A noi basteranno solo il crocifisso, il breviario ed una camicia e se neanche questo avremo, Iddio penserà a tutto”.
Gaetano Errico muore a Secondigliano il 29 ottobre 1860. Mentre Garibaldi ed il re Vittorio Emanuele s’incontrano a Teano, per decidere il nuovo corso della storia d’Italia, Gaetano Errico sta per andarsene, perché la sua rivoluzione già l’ha fatta: al posto di un Dio giudice severo ed inaccessibile nel cuore della gente con il ministero della parola ha posto un Padre buono, misericordioso e dal cuore tenero; ha sostituito la paura per l’inevitabile castigo con la fiducia nel perdono di un Dio, pronto a perdonare chi ritorna a lui con cuore umiliato e contrito. Gli altri parlano di “Ragione”, Gaetano Errico di “Cuore”, che ha sempre la meglio sulla prima. É svelato il segreto delle chiese gremite, quando egli parla, e della fila, che davanti al suo confessionale non finisce mai.
La gente capisce la sua rivoluzione e vi partecipa volentieri, perciò, quando muore, (Secondigliano 29 ottobre 1860) piange il suo liberatore e lo porta solennemente in trionfo. Gaetano Errico ha imparato a fare il rivoluzionario alla scuola di Cristo, che, al sangue degli altri, preferisce versare il suo e parlare d’amore, anche, dalla croce. Di molti rivoluzionari la gente ha fretta a cancellarne la memoria, Gaetano Errico lo ricorda ancora perché egli parla dell’amore dei Sacri Cuori di Gesù e di Maria ed è pronta a rendere all’instancabile apostolo della Parola, spezzata specialmente agli ultimi, la gloria dei santi. Infatti il 14 aprile 2002 Giovanni Paolo II proclamerà Gaetano Errico Beato in piazza S. Pietro.