di P. Antonio Palmiero

L’esemplarità della vita di un santo e l’attualità del suo messaggio vanno ricercate non tanto nelle “cose” che egli ha materialmente fatto, quanto piuttosto nelle motivazioni e nelle convinzioni evangeliche che hanno guidato la sua vita e la sua azione, rendendole, così, credibili, convincenti e ricche di risultati positivi. Le motivazioni e le convinzioni evangeliche che hanno ispirato e guidato la vita e l’azione di Gaetano errico sono riconducibili a “tre elementi”.

Il primo elemento è quello della positività. Gaetano Errico è una figura di uomo che tenta continuamente di migliorarsi e di migliorare gli altri, di salvare situazioni difficili, di guardare avanti, di farsi prossimo. La sua azione, riguarda la sua persona, gli altri o i fatti e le situazioni, è sempre progettata in chiave costruttiva: partire da ciò che c’è e lavorare per migliorarlo. È la logica dell’Incarnazione.
Cosa vuol dire ispirarsi alla “logica dell’Incarnazione”? Vuol dire:

a) credere che Cristo, venendo nel mondo, non è venuto in un tempo e in un mondo mitici, in un “c’era una volta”, ma in un’epoca e un mondo ben concreti. Egli è entrato in una situazione politica e un ambiente culturale ben definito e, li, in quel contesto, senza porre né condizioni, né preclusioni, ha portato a termine il suo compito;

b) credere che l’Incarnazione di Gesù continua attraverso i tempi e anche oggi avviene giorno dopo giorno. La Chiesa, il Cristo che continua a vivere, si trova in una società e le è vincolata in molti modi. Ciò naturalmente non vale solo per la Chiesa nella sua totalità, ma anche per i singoli cristiani. Ogni credente è il Cristo oggi, ogni credente viene a trovarsi in una situazione molto concreta in cui deve rispondere alla sfida che gli è vicina. Quindi, l’intervento di Dio nella storia tramite Cristo non va visto come un avvenimento storicamente concluso: Cristo è presente nella fede di tutti e di ognuno dei credenti. Concludendo: l’Incarnazione continua ancora e c’è Incarnazione dove c’è fede e disponibilita a Dio, c’è Incarnazione quando si accetta in tutto e per tutto la Rivelazione e il tempo, il proprio tempo così com’è.

Quali i “fatti” che dimostrano che Gaetano Errico si ispira alla logica dell’Incarnazione? Eccone alcuni:

1. “Farsi prossimo”: questo il “fatto” fondamentale. È ‘samaritano’ chi si fa prossimo. E sono ‘briganti’ tutti gli altri. Anche il sacerdote e il levita. E’ l’assenza dei buoni, più che la presenza dei briganti, a rendere pericolose e sofferte le strade dell’uomo. Questo l’insegnamento di Gesù. E Gaetano ne prende atto. Lo fa suo. Vivendolo.
Ecco perché si sente responsabile di tutto e di tutti e tenta di costruire o ricostruire ogni persona e ogni situazione secondo il meglio possibile e il meglio che gli è possibile.
C’è povertà culturale. Se ne fa carico.
C’è il popolo che va guidato e incoraggiato e c’è ignoranza religiosa. Catechesi, confessione, predicazione, ritiri, cappelle serotine… Sono i mezzi allora disponibili. Li usa tutti. C’è gente che ha fame. E la risposta arriva.

L’uomo, però, avrà sempre bisogno di amore e di salvezza. E le povertà potranno cambiare volto, contenuto, modalità, ma lo accompagneranno sempre. Allora, se Dio lo vuole, perché non impegnarsi nella fondazione di un Istituto religioso, cioè nella costituzione di un corpo di ‘samaritani’ che, a imitazione di Gesù e in cooperazione con Lui, siano impegnati, a tempo pieno, in casa e fuori casa, a far percepire all’uomo che DIO AMORE non è un’idea, ma un fatto concreto e sperimentabile?

2. Il suo modo d’agire rivela che in lui è connaturata la convinzione che ogni uomo, anche se assassino, e in ogni situazione, anche se ostile, sono nascoste delle virtualità che, per manifestarsi, hanno bisogno di essere sollecitate e, soprattutto, hanno bisogno di imbattersi in qualcuno che sappia e voglia farle emergere.
Un esempio. C’è un delinquente che vuole ucciderlo. Anzi è stato assoldato per ucciderlo. È in agguato dietro un portone. Gaetano gli va incontro, lo abbraccia, lo disarma e gli sussurra: “Vieni dal padre tuo”. Quando Pelliccione, cosi è soprannominato il suo attentatore, si riduce in povertà è Gaetano a provvedere ai suoi bisogni.
Quando si ammala, Gaetano si interessa di farlo curare, lo segue spiritualmente e alla fine lo spedisce anche in paradiso.

3. Il suo comportamento manifesta che in lui non c’è sfiducia e gli sono estranee forme di animosità e di risentimento. Vangelo e sfiducia, Vangelo e animosità, Vangelo e risentimento, sono modi alternativi di vedere e vivere la realtà. Lui ha scelto il Vangelo.
Non si contano nella sua vita, le occasioni, le situazioni, le difficolta, che avrebbero potuto ‘motivare’ il ricorso alla sfiducia, all’animosità, al risentimento. E di bastoni fra le ruote gliene pongono tanti! Soprattutto nei momenti più difficili e determinanti. Ottengono il solo risultato di far aumentare il suo coraggio e la sua generosità.
Due soli esempi.

Quando, per volontà di Dio, propone la costruzione della chiesa dell’Addolorata, il popolo è entusiasta, ma gli oppositori, anche se non numerosi, sono determinati, agguerriti e, secondo loro, anche potenti. Mai accetteranno che il popolo sia dalla parte di “un pazzo sfrenato” (Gaetano) e di una “bestia” (il parroco Don Michelagelo Vitagliano). Giurano che mai e poi mai la daranno vinta a quei “due fanatici”. Riescono ad ottenere che Gaetano e il parroco firmino una revoca della richiesta di costruzione della chiesa. Revoca che viene inviata al Ministero degli Affari Ecclesiastici e a quello degli Interni. La questione è chiusa e cantano vittoria. Ma Dio, naturalmente, è dalla parte del “pazzo sfrenato”, della “bestia” e dei “due fanatici”. La chiesa viene costruita. Quando Carlo Barbati, il “nemico” numero uno di Gaetano e “capo” degli oppositori, muore, si vede Gaetano, referiscono le testimonianze, “piangere per la prima volta”. Erano lacrime di gioia? Saremmo cattivi soltanto a pensarlo.

Quando la Congregazione comincia il suo cammino che sembra promettente, sono i suoi stessi religiosi a mettgrgli i bastoni fra le ruote. Inviano un ricorso in Curia nel quale si asserisce che “il Fondatore accoglie, con troppa facilità, aspiranti che o non fanno buona riuscita o abbandonano la Congregazione” e che la comunità “è amministrata da donne”. Le accuse nascono sia dalle vedute rigoriste di qualche confratello, sia dall’intolleranza di altri verso il Sac. Francesco Barbato e sua sorella Bonaventura “monaca di casa”. Entrambi, fin dagli inizi della fondazione, sono ammiratori di Gaetano e ne sono diventati collaboratori. Don francesco insegna ai giovani studenti Filosofia e Teologia e la sorella cura il buon andamento della casa. Convocato in Curia, gli viene contestato il ricorso. “Se lei, Monsignore, mi assicura che la fondazione non e opera di Dio, torno a Secondigliano, chiudo tutto e le porto le chiavi” è la rispsota di Gaetano. Bastano queste parole per convincere Mons. Savarese, Segretario del clero, che aveva fama di duro. Il ricorso viene consegnato, a Gaetano, che legge i nomi. Nessuna animosità, nessuna vendetta, nessun risentimento, nei riguardi dei firmatari. Qualcuno per vergogna vuol lasciare la Congregazione. Gaetano lo dissuade e a tutti conferma la sua stima e il suo affetto.

Il secondo elemento: la conflittualità.
Studiando la figura di Gaetano risulta evidente un aspetto di permanente conflittualità, nel senso che egli mai nasconde o minimizza la sua separazione e condanna di tutto ciò che, nell’uomo, nella comunità, nella società, può nuocere alla crescita umana e cristiana della persona.
Da qui nasce la sua opposizione dichiarata, tenace, senza confusioni né compromessi, al giansenismo, alle sette, a ogni forma di male.
Da qui anche la sua lotta, fatta (ed è tutto per quei tempi) di disponibilità, generosità senza limiti, impegno non episodico, contro le povertà dell’uomo del suo tempo: malattie, carcere, fame, mancanza di lavoro, di istruzione…
Da qui pure le scelte rigorose che riguardano la sua persona: una vita austera, un ritmo incessante di lavoro, il rifiuto di onori e onorificenze…

È consapevole del bisogno di separarsi continuamente da ciò che potrebbe oscurare o appannare la sua scelta evangelica. Sa che l’more ha nella croce il suo prezzo e la sua conferma. Conosce i ‘vantaggi ‘ del compromesso, ma li rifiuta. E agisce di conseguenza. Pagando di persona. Un solo esempio. Alla mamma, che lo invita ad accettare una parrocchia che i Superiori gli offrono, risponde: “Mamma, potrei accettare la parrocchia per cambiare, secondo il tuo desiderio, le condizioni economiche della famiglia; magari potrei farti andare in carrozza. Ma … poi … ti sentiresti di venire con me all’inferno?”. “Questo poi mai”, risponde la mamma. “Allora sii contenta del tuo stato. Mangiate quel poco che avete ed io sono contento come mi trovo”.

Il terzo elemento: l’unitarietà. Gaetano Errico, uomo tenace, combattivo, sempre schierato in prima linea, rivela una profonda unità interiore. Ne sono prova il suo amore per tutti, la sua umiltà, la sua costante serenità, la sua inflessibile, ma non orgogliosa, determinazione nel perseguire il progetto che Dio ha su di lui.
Qual è il segreto che gli permette di vivere una profonda unità interiore pur nella molteplicita e frammentarietà delle sue azioni e nella conflittualità dei suoi comportamenti? Il segreto è nella carità, cioè l’agire di Dio nell’uomo; è l’essere come Cristo, è l’imitazione di Cristo, vissuta nella carità costruttiva e conflittuale. Costruttività e conflittualità: due volti dell’unica carità. I due volti della carita di Cristo: sempre misericordioso con le vittime del male; sempre in conflitto, per amore, con il male e i suoi accoliti.
La carità costruttiva e conflittuale, vissuta come Cristo e per Cristo, è il segno chiaro che Gaetano non confonde I’amore col semplice “darsi da fare”, non cade nell’errore o nel la trappola dell’attivismo. Ciò che origina e qualifica la sua vita e la sua azione, rendendole credibili, feconde, sante, non è il “darsi da fare”, ma il fatto che egli vive e opera come Cristo e per Cristo.
“Come Cristo e per Cristo” è la “verità” di Gaetano Errico. Non le sue azioni . Non è il darsi da fare che santifica e converte. Santificano e convertono il “come” e il “perché”: come Cristo e per Cristo. Gaetano Errico si sente afferrato da Cristo. È il sentirsi amato da Cristo che lo fa capace di amare. È la scoperta del Cristo che Gaetano vive e dona ai fratelli. La sua vita è piena di Dio. Perciò è santa. La sua azione, di conseguenza, diventa segno e frutto di una sovrabbondanza da donare, non di un vuoto da riempire. Perciò credibile e santa.