Il 23 settembre 2015 ricorre il bicentenario dell’ordinazione sacerdotale di San Gaetano Errico, fondatore dei Missionari dei Sacri Cuori di Gesù e di Maria.

Provo a rivivere attraverso le testimonianze del processo canonico i momenti, i ricordi e gli inizi della sua vita sacerdotale.

La cappella di santa Restituta, nella chiesa cattedrale di Napoli, è affollatissima. Il Cardinale Ruffo Scilla, da qualche mese tornato da un forzato esilio, è visibilmente emozionato nel presiedere questa prima ordinazione di alcuni candidati al sacerdozio della sua diocesi. Tra i giovani prostrati davanti all’altare c’è anche Gaetano Errico. È venuto a piedi dalla sua Secondigliano con l’amico Francesco Barbato, che deve essere ordinato diacono. Terminato il sacro rito, il novello sacerdote don Gaetano Errico s’incammina a piedi verso casa, ma l’amico lo invita a salire sulla sua carrozza, noleggiata per l’occasione. Accetta e ringrazia. Giunti a Secondigliano, dalla casa di don Francesco ritorna alla sua a piedi. A casa c’è la numerosa famiglia ad attenderlo, chiede scusa, ma prima si deve intrattenere con il suo amico, il crocefisso, davanti al quale sfoga la sua gratitudine per il dono ricevuto. Quindi esce e saluta tutti. Nel frattempo, sono venuti alcuni sacerdoti per ossequiarlo. Con tutti è cordiale e accogliente. Forse, la mamma ha preparato qualche bevanda o dolcino, ma niente festeggiamenti per sua espressa volontà. Ed è accontentato. La mattina seguente nella cappella del SS. Sacramento celebra la sua prima messa fra la commozione generale. All’uscita dalla cappella la gente commenta: “Sembrava un angelo”.

Appena diventato sacerdote, il parroco lo incarica nei pomeriggi della domenica e dei giorni festivi di spiegare al popolo il vangelo. Non si fa pregare e si mette all’opera. Credo che da quel giorno non si sia più fermato. Di domenica esce con il crocefisso per le strade per richiamare dai caffè, taverne, cantine, strada uomini e donne e condurli in chiesa per insegnare loro la dottrina cristiana, secondo il catechismo fatto stampare dal Cardinale Spinelli. Negli altri giorni raduna fanciulli, ragazzi, ragazze, donne maritate e vedove per il catechismo. Quando parla, incanta e la gente pende dalle sue labbra. Lo fa con cuore, semplicità e chiarezza cosicché tutti lo possono capire. Una volta, mentre parla, si rende conto che la gente non lo capisce, allora esclama: “Forse, non sono stato chiaro, allora parliamo a modo nostro, alla paesana”. La fama del santo predicatore vola e la gente accorre anche dai paesi vicini per ascoltare. Basta dire: “Predica don Gaetano”, perché la chiesa si riempia e qualche volta, per accontentare tutti, bisogna aprirne le porte. Non rifiuta mai un invito a predicare. Il frutto che le comunità ne raccolgono è mirabile. I peccatori più ostinati si ravvedono. Nella missione a Secondigliano, in occasione dell’apertura della nuova chiesa dell’Addolorata nel 1834, la gente facinorosa consegna nelle mani di don Gaetano tante armi da riempire due ceste.

Sono passati solo sei mesi dall’ordinazione sacerdotale, quando il Cardinale di Napoli visita la parrocchia di Secondigliano e chiede al parroco di assegnare don Gaetano come confessore, “perché le pecorelle sono smarrite e hanno bisogno di confessore”. D’allora iI confessionale è il luogo dove facilmente si può incontrare don Gaetano. Ha molti penitenti, perché egli nel confessare è benigno e non fa “sconfidare” nessuno. Accoglie tutti con carità e tratta da padre. Ha maniere caritatevoli, parole dolci e toccanti che penetrano il cuore. Tutto il paese vuole confessarsi con lui. Vengono anche dai paesi vicini. Non è né troppo largo né troppo rigido. Infonde in tutti fiducia e confidenza nella misericordia di Dio. Basta avvicinarsi a lui per prendere animo a confessarsi. È sempre occupato ad ascoltare le confessioni di sera e di mattino. Non si cura del caldo, del freddo, della pioggia, del pericolo, quando è chiamato a sentire le confessioni nelle famiglie. Quando arrivano i restii alla confessione, diventa anche scherzoso. Li abbraccia e li nasconde sotto il suo mantello.

Don Gaetano un anno dopo la sua ordinazione diventa maestro comunale al posto di don Vitagliano, che è nominato parroco. Come maestro è attentissimo nell’insegnamento e si sforza di ispirare negli alunni il santo timore di Dio. Esercita l’ufficio di maestro fino alla fondazione dell’Istituto, all’incirca fino al 1836. Fa lezione con somma attenzione ed esattezza e non si limita a insegnare a leggere, a scrivere e a fare i conti, ma gratuitamente anche le lettere latine, la retorica, la filosofia e la matematica. Tutte le famiglie lo cercano come maestro dei loro figli, per cui la sua scuola è affollatissima. Sono più di cento alunni, divisi in varie classi e a tutti dà soddisfazione. Dalla sua scuola escono avvocati, dottori, architetti, sacerdoti.

Aiuta il parroco a braccio a braccio nella cura delle anime, assistendo malati e moribondi. Accorre nelle ore di giorno e della notte. Per non disturbare la famiglia, a chi lo cerca di notte, suggerisce di lanciare una pietruzza ai vetri della sua stanzetta. Corre ad assistere i moribondi da qualunque malattia siano affetti. Non teme per la sua salute. Vi passa giornate intere, senza stancarsi. Qualche volta capita che vicino a qualcuno sta per giorni. Eroico il suo impegno durante il colera del 1836 e del 1854. Tutti lo richiedono al proprio capezzale.

Per togliere la promiscuità nelle famiglie povere dà letti, biancheria, materassi, lenzuola e denaro. Ai contadini e agli operai provvede i mezzi del lavoro. Ai carcerati riserva ogni venerdì una visita e non va a mani vuote. Ai poveri provvede la spesa o fa piccoli prestiti, senza interessi o scadenze fisse. Ai malati porta viveri e medicina. S’impegna a portare pace nelle famiglie e la riconciliazione tra i dissidenti. Non fa finta di niente quando qualcuno non cammina sulla retta strada e cerca di riportarvelo. In tutto quello che fa, vi mette il cuore e la gente, che ha naso, esclama: “E’ un grande apostolo!”. Don Vitagliano, che gli vuole un bene dell’anima, dice: “Un altro sacerdote come don Gaetano non ci verrà più!”.

Qualcuno, leggendo, potrebbe dire: “Non deve essere questa la vita di un sacerdote?”. Sono d’accordo, ma la particolarità di don Gaetano è che egli vi mette il cuore. Questo fa la differenza. Poi, siccome al suo cuore aggiunge quello di Gesù e di Maria, questo lo rende santo. È il messaggio di San Gaetano oggi: mettete il cuore in quello che fate e lo farete bene; aggiungetevi il Cuore di Gesù e quello di Maria e sarete santi voi e il popolo.

  1. Luigi Toscano,m.ss.cc.